Molto prima della scoperta delle basi molecolari che guidano la nostra vita, Aristotele, un filosofo greco vissuto tra il 384 e il 322 a.C., osservando varie forme di vita, propose il concetto che gli organismi non crescessero completamente preconfezionati, ma si sviluppassero gradualmente da una massa indifferenziata. L’idea era opposta a quella che prevaleva all’epoca, il preformismo, che suggeriva che gli organismi si sviluppassero da versioni in miniatura di se stessi, preformate e contenute in spermatozoi e uova. Aristotele sosteneva che questo processo fosse diretto da una forza vitale o “anima”, una spiegazione più filosofica, senza le basi empiriche della scienza moderna, ma che aveva al centro il dispiegamento del potenziale biologico di un organismo in strutture e funzioni più complesse. Questo stesso concetto ha risuonato nel campo scientifico fino alla nascita della biologia molecolare e dell’odierna epigenetica.
Quando il termine fu usato per la prima volta da Conrad Waddington nel 1942, utilizzava un approccio più fantasioso che non corrispondeva ancora allo studio dei meccanismi molecolari di oggi. Waddington utilizza la metafora di una biglia in cima a una collina. La collina è stata chiamata paesaggio epigenetico, la biglia rappresenta una cellula del nostro corpo e i percorsi lungo i quali può rotolare rappresentano i potenziali destini della cellula, ovvero può differenziarsi in una cellula della pelle, una cellula cardiaca, un neurone e così via. Mentre la palla rotola giù per la collina, incontra bivi e curve nel suo percorso. Ogni punto di svolta, in cui può prendere strade diverse, rappresenta segnali ambientali o indizi interni che portano la cellula verso una destinazione piuttosto che un’altra. Il paesaggio stesso, con le sue colline e le sue valli, modella il viaggio della pallina, assicurandosi che arrivi nel posto giusto.
Riesce a illustrare come lo sviluppo degli organismi non dipenda solo dal gene, ma dal percorso modellato per guidare la cellula verso la sua destinazione finale. Questo percorso può essere modificato, ma senza alterare i geni originali. Il suo lavoro ha gettato le basi filosofiche e concettuali di ciò che oggi intendiamo per:
Per uscire dall’ambito concettuale, era necessario comprendere le strutture molecolari responsabili dei processi di ereditarietà e di espressione genica, cosa resa possibile dallo sviluppo della biologia molecolare e della genetica negli anni ’40 e ’60 del secolo scorso. L’esistenza del DNA, l’ acido desossiribonucleico, era già nota dal 1869, quando Friedrich Miescher isolò il materiale nucleare dei leucociti e ne identificò la composizione chimica, che differiva dai materiali biologici già noti e che chiamò nucleina. Ma la sua importanza come materiale che trasmette le informazioni necessarie a generare un organismo è stata identificata solo quasi un secolo dopo, con la somma delle prove di diversi ricercatori che sono culminate nella differenziazione delle funzioni del materiale proteico e del materiale genetico.
Nel 1952, Alfred Hershey e Martha Chase stavano per svelare uno dei più grandi enigmi della biologia: cosa c’è esattamente dentro un virus che infetta un batterio? Si tratta del tuo mantello proteico o del tuo DNA interno? Dopo aver permesso ai diversi virus di infettare le colture batteriche, hanno separato le cellule batteriche dal resto del terreno di coltura e hanno differenziato i materiali interni ed esterni. Sono stati in grado di vedere letteralmente il DNA virale, non le proteine, all’interno delle cellule batteriche, dimostrando che il primo porta le istruzioni genetiche per la vita.
Inizia la corsa per svelare la struttura del DNA. Due luoghi si sono distinti in questa ricerca: il Cavendish Laboratory dell’Università di Cambridge in Inghilterra, dove James Watson, un biologo americano, e Francis Crick, un fisico britannico, formarono una partnership; e il King’s College di Londra, dove Rosalind Franklin, una brillante chimica ed esperta di diffrazione dei raggi X, lavorò insieme a Maurice Wilkins.
Rosalind Franklin produsse immagini a raggi X di cristalli di DNA di una chiarezza senza precedenti, in particolare la famosa Fotografia 51, che rivelò che il DNA aveva una struttura elicoidale. Watson e Crick, pur non avendo accesso diretto ai dati sperimentali di Franklin, furono indirettamente informati delle sue scoperte attraverso Wilkins e una conferenza tenuta da Franklin. Utilizzando queste informazioni e le loro conoscenze di chimica e biologia, Watson e Crick giunsero al modello corretto e lo pubblicarono sulla rivista Nature nel 1953. Il DNA era una doppia elica, con le basi azotate all’interno che formavano coppie specifiche che univano i due filamenti. Questo modello spiega non solo la struttura del DNA, ma anche come possa copiare se stesso e codificare le informazioni genetiche.
La scoperta della struttura del DNA ha rivoluzionato la biologia e la medicina. Watson, Crick e Wilkins furono insigniti del Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina nel 1962, ma Franklin, che era morta di cancro nel 1958, non fu inclusa. Nel corso degli anni, il contributo della Franklin alla scienza ha ricevuto il riconoscimento che meritava e oggi è considerata una delle scienziate più influenti nel campo della biologia molecolare.
Il campo dell’epigenetica è stato finalmente in grado di passare alle basi molecolari con la scoperta che l’espressione genica può essere regolata. A metà degli anni ’70, due gruppi di scienziati guidati da Robin Holliday, John Pugh e, separatamente, Arthur Riggs, iniziarono a svelare uno di questi meccanismi, la metilazione del DNA. Immagina che il nostro intero DNA sia una biblioteca e che ogni libro corrisponda a un gene. La metilazione del DNA può essere paragonata all’inserimento di speciali marcatori in alcuni libri della biblioteca. Questi segnalibri non cambiano le parole dei libri, ma possono indicare quali libri devono essere letti o riservati negli scaffali.
Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, scienziati come David Allis hanno iniziato a studiare come le proteine chiamate istoni, che aiutano a impacchettare il DNA, possano essere modificate per influenzare la lettura dei geni. Immagina che gli istoni siano i bibliotecari che organizzano i libri. Modificando il loro funzionamento si possono rendere alcuni libri più accessibili o nasconderli completamente.
Nel 1998, Andrew Fire e Craig Mello hanno rivelato un meccanismo sorprendente attraverso il quale piccole molecole di RNA possono silenziare l’espressione dei geni, noto come interferenza dell’RNA (RNAi). È come se queste piccole molecole fossero dei messaggeri che intercettano alcuni libri prima che raggiungano il lettore, impedendo che le loro informazioni vengano lette. Oltre all’RNAi, la scoperta di vari RNA non codificanti, tra cui i microRNA (miRNA) e gli RNA non codificanti lunghi (lncRNA), ha rivelato un ulteriore livello di regolazione.
Mentre i microRNA agiscono come l’RNAi, aggiungendo una copertina protettiva al libro per impedirne la lettura, gli RNA lunghi sono i critici letterari della biblioteca genetica, guidando i bibliotecari e i lettori (le cellule) su quali libri (i geni) dovrebbero essere considerati o ignorati.
Con l’identificazione delle modifiche epigenetiche, gli scienziati hanno iniziato a condurre esperimenti per capire come queste modifiche si stabiliscono, si mantengono e si ereditano attraverso le generazioni. Lo sviluppo di tecnologie avanzate, come il sequenziamento di nuova generazione (NGS), ha permesso agli scienziati di mappare le modifiche epigenetiche in tutto il genoma, dando vita all’ epigenomica. Queste tecnologie hanno reso più facile la realizzazione di studi su larga scala per comprendere la complessità della regolazione epigenetica in diversi contesti biologici, nelle malattie o nell’effetto di alcuni fattori ambientali.
L’epigenetica è oggi un campo interdisciplinare che interagisce con la genomica, la biochimica, la medicina, la nutrizione, la tossicologia e persino con le neuroscienze e la psicologia, esplorando come le esperienze ambientali e lo stile di vita possano influenzare l’espressione genica attraverso meccanismi epigenetici. Questo ha implicazioni significative per il mantenimento della longevità e della qualità della vita.
È interessante notare che anche prima che si conoscessero i cambiamenti epigenetici e i fattori che li influenzano, a partire dagli anni ’60 in Brasile, la vita delle persone è stata trasformata dal DeRose Method, certamente grazie ai cambiamenti epigenetici. Nel corso degli anni, abbiamo potuto constatare alcuni degli effetti sui praticanti di questa metodologia: aumento del tono muscolare e della flessibilità, aumento dell’immunità, aumento della vitalità, della memoria, della velocità di pensiero, della creatività, un modo più leggero di vivere la vita, tra gli altri.
Questi effetti sono stati ottenuti attraverso esercizi di respirazione, meditazione, movimento del corpo, tecniche di rilassamento e ciò che oggi è noto come mindfulness. A ciò si aggiungono i concetti di riprogrammazione comportamentale, come la buona alimentazione, i buoni rapporti umani, le buone relazioni emotive e la civiltà. Oltre a coltivare le emozioni che inducono felicità e benessere: generosità, simpatia e compassione.
Il viaggio attraverso la storia dell’epigenetica mette in luce una profonda verità: il copione della vita è molto più dinamico e mutevole di quanto si pensasse. Questa comprensione in continua evoluzione dell’epigenetica non solo mette in discussione la nostra visione tradizionale della genetica e dell’ereditarietà, ma apre anche nuovi orizzonti per migliorare la vitalità e la longevità umana.
Possiamo già vedere come l’assistenza medica, soprattutto per coloro che hanno accesso agli ultimi aggiornamenti, stia diventando sempre più personalizzata. Possiamo prevedere che non si baserà solo sul nostro codice genetico, ma anche su modifiche epigenetiche modellate dal nostro stile di vita, dall’ambiente e persino dai nostri pensieri ed emozioni. Questo ci conferisce un senso di iniziativa e responsabilità nei confronti del nostro benessere, incoraggiando una vita vissuta con intenzione, scopo e ricerca di pratiche integrate per migliorare le prestazioni, la vitalità e la longevità, come il Metodo DeRose.
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Per chi è interessato ai meccanismi epigenetici legati allo sviluppo cellulare, ecco un video che li illustra.
Riferimenti:
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DeRose. Vivi più a lungo e meglio. Novembre 2021.